Quando potare il pesco: guida utile per un raccolto abbondante e sano 

Potare il pesco sembra semplice, ma ogni taglio può cambiare tutto. Un gesto fatto bene migliora la salute dell’albero e la qualità dei frutti.

Potare un pesco non è solo questione di tecnica. Serve anche occhio e un po’ di esperienza, che si fa col tempo. L’albero, da giovane, ha bisogno di una mano per trovare la sua forma. Da adulto, va solo indirizzato. Niente di drastico, ma bisogna sapere cosa si tocca.

I tagli si fanno per tenere in equilibrio la pianta, tra vegetazione e frutti. Se si lascia troppo verde, i rami si allungano ma i frutti diventano pochi e piccoli. Se si taglia male, si rischia di rovinare le branche produttive.

Quando si pota il pesco

Ci sono due periodi principali: inverno e estate. In inverno (tra gennaio e febbraio) si lavora sulla struttura. Si sceglie cosa tenere, cosa eliminare, dove far nascere i nuovi rami. È una potatura a riposo, fatta quando la pianta è ferma. Qui si dà la forma al vaso, si alleggerisce la chioma, si ringiovanisce l’albero.

D’estate, invece, si fa una potatura più leggera. La cosiddetta potatura verde, tra giugno e luglio. Qui si tolgono i succhioni, i rami verticali che spuntano all’improvviso e si portano via tutta la linfa. Si tolgono anche i rami che si incrociano o che crescono verso l’interno. Lasciar passare aria e luce è fondamentale. Così si prevengono marciumi e si fa maturare meglio il frutto.

Il primo anno è fondamentale

Quando il pesco è giovane, serve più attenzione. Nei primi mesi, ogni taglio conta doppio. Si imposta la struttura. In genere si pota verso fine inverno, quando il freddo inizia a calare.

Se la pianta ha già un fusto robusto, intorno agli 80 cm, si accorcia la punta e si scelgono 3 o 4 gemme ben distanziate. Quelle diventeranno le branche principali. Se è ancora piccola, si taglia più in basso, sui 50-60 cm, ma la logica è la stessa. Meglio fissare un tutore: il vento fa danni, anche invisibili.

Col tempo, la potatura cambia. Meno interventi, più precisione. Serve capire il tipo di ramo: misti, dardi, brindilli… ognuno ha un ruolo. I rami misti portano i frutti veri, quelli da tenere. I dardi servono a preparare la crescita futura. I brindilli, più corti, vanno valutati in base alla varietà. Ci sono poi i mazzetti di maggio, piccoli ma utili, specie nei peschi a polpa gialla o bianca.

Non tutti i rami si tengono. Quelli troppo vecchi, storti o che crescono male vanno tolti. Non c’è bisogno di avere troppi rami, meglio pochi, ma giusti. Un pesco ben potato respira, prende luce, fruttifica meglio.

Pesco malato: che si fa?

Se l’albero non sta bene, potare può aiutare. Basta farlo con cura. I tagli devono essere netti, almeno 10 cm sotto la parte danneggiata. Gli attrezzi vanno sempre puliti, meglio se disinfettati. La potatura invernale è quella più adatta per rimuovere i rami malati o secchi.

Le malattie del pesco non sono rare. La bolla è forse la più nota: deforma le foglie e le fa cadere. Poi c’è l’oidio, una patina bianca su foglie e frutti. E infine il cancro del pesco, che lascia escrescenze e ferite nere. In questi casi, oltre ai trattamenti, togliere le parti colpite è fondamentale. Se si agisce in tempo, l’albero si riprende.

Un dubbio comune: potare durante la fioritura?

Meglio evitare. La pianta è in piena attività, e i tagli rischiano di ridurre la produzione o facilitare l’ingresso di funghi e batteri. Fa eccezione chi vuole raccogliere qualche ramo fiorito, magari per metterlo in un vaso. In quel caso, si sceglie un ramo robusto, si taglia con una buona forbice e si fa attenzione a non sbilanciare l’albero.

La potatura del pesco non si impara in un giorno. Ma osservando, sbagliando un po’, e tornando l’anno dopo, si comincia a capire. Non è tanto questione di regole rigide, quanto di buon senso. Ogni albero è diverso e va trattato con un minimo di rispetto.

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